lunedì 17 gennaio 2011

Postumi natalizi nel mio primo romanzo


Arrivai in centro verso le otto e misi la macchina nel parcheggio del mercato centrale. Uscii fuori, su via dell’Ariento, e Firenze mi sembrò cattiva. Una ragazza piangeva forte seduta sul marciapiede. Teneva la testa tra le ginocchia, affondava le dita nei capelli chiari. Un tipo camminava su e giù davanti a lei e scalciava una lattina. Il mercatino aveva già chiuso. Ai lati della strada restavano dei grossi carrelli di legno pieni di roba, coperti da teli verdi e incatenati. Passai davanti alla chiesa di San Lorenzo. Un piccolo camion della nettezza urbana spazzava i bordi della via. Faceva un gran baccano. Due uomini alti e grossi lo precedevano e colpivano i rifiuti con delle scope di saggina alte quanto loro. Sui gradini della chiesa un gruppo di africani cantava accompagnandosi con dei tamburi. Era l’unica nota viva nell’aria, l’unica che combatteva la spazzatrice. Il cielo continuava a mostrare i muscoli, senza far paura a nessuno. Forse a Pistoia avrebbe fatto due gocce. Misi le mani in tasca, il mio fiato fumava nel buio. Per aria c’erano ancora le illuminazioni del Natale. Erano spente, mosce, si godevano un filo di vento. Mi avvicinai a qualche vetrina e detti un’occhiata ai prezzi delle scarpe. Non sapevo se ridere o piangere. Lasciai perdere e tirai dritto.
Il Duomo era molto grande, e molto potente. Era metà sporco e metà pulito, le impalcature gli impacchettavano un pezzo di faccia in una rete irregolare. In giro c’era qualche turista, qualche coppia abbracciata, qualche barbone, tre suore, un paio di cani incazzati. Infilai via De’ Pecori e mi avviai verso il pub. Camminavo con calma, c’era pace, le finestre delle case erano serrate, luminose di televisioni. Vicino a Santa Maria Novella, una signora mi chiese se volevo un po’ d’amore. La guardai. Aveva l’età di mia madre, la faccia segnata dalla vita, il trucco su un’altra frequenza, le gambe nude e gonfie. Le sorrisi. Anche lei mi sorrise, senza vergogna, chiuse gli occhi e mi chiese una sigaretta.
«Non fumo, mi spiace», dissi.
«Beato te».
«Potrebbe smettere anche lei, no?».
«Passa quando vuoi, io sono sempre qui».
Ci salutammo con tenerezza.

(Da Donne e topi, Fazi editore, 2004)

3 commenti: