martedì 29 marzo 2011

Erodoto

Grazie a Marco Turrini, sul numero zero, un mio reportage un po' datato ma inedito. Leggibile anche qui.

venerdì 11 marzo 2011

Libreria

Una signora entra nella libreria dove lavoro e si affida ai miei consigli, dichiarando due sole priorità: vuole un romanzo originale e che tratti di sentimenti forti. Guardiamo insieme le copertine, apriamo i volumi, parliamo, cerco di capire ciò che le piace e individuo il libro che fa per lei. Mi sembra convinta, mi ringrazia, il mio aiuto è stato prezioso. La lascio in pace, continuo le mie faccende e la intravedo mentre inforca gli occhiali, legge qualche riga, sorride. L’ho conquistata. Poi si rigira il volume tra le mani, ne cerca il prezzo, lo individua. Si gela. Ci pensa qualche istante. Poi, con un po’ d’imbarazzo, ripone il libro al suo posto e se ne va a testa bassa, sconfitta, senza comprare niente. Non è abituata a rinunciare a un romanzo perché costa troppo. Neanche io ero abituato a vedere scene simili, ma capitano sempre più spesso.

giovedì 3 marzo 2011

La polka, il mio secondo racconto pubblicato (2002)

Fu nel lungo viaggio che mi riportava a casa, in treno, che pensai alla Polka di Varsavia. Attraverso i finestrini verdemarcio del convoglio il cielo era fosforo in fiamme, la terra cenere, i miei occhi faticavano a mettere a fuoco quello scivolare di paesaggi che bruciava già. Il treno sferragliava sotto il mio culo, ammasso di congetture d'altri tempi. Grande idea Varsavia. Grande esperienza il treno. Grande invenzione. Pensavo alla Polka di Varsavia e all'uomo in trionfo, al fascino e alla potenza dell'invenzione, del progresso, a quel mettersi in moto che gridava successo, vittoria, grandezza. Tempi grandiosi davvero. Pensavo. La mia epoca pare un poco diversa. Nonostante gli innumerevoli e strabilianti balzi in avanti degli ultimi decenni non mi sento coinvolto da una simile atmosfera, anzi, la lunga corsa pare vicina al grande stop e le ultime accelerazioni planetarie puzzano di apocalisse. Qualcosa dev'essere andato per il verso sbagliato.

Fermo, immobile, seduto sulla stessa sedia con le rotelline che non gireranno mai, costipato in un metro quadro di un supermercato di un milione di metri quadri, le mani afferrano un nuovo oggetto dal nastro, lo sorvolano sopra lo scanner che con un sottile raggio rosso ne scova il codice a barre e con un bip conferma l'operazione avvenuta, la stampante della cassa con un debole macinare stampiglia il prezzo sullo scontrino, le mani afferrano un nuovo oggetto, uova in plastica, ingoio uno sbadiglio, il bip, luce forte bianca, il macinare della stampante della cassa sullo scontrino, tricchettra, ciabatte di gomma a duemilalire, il fiato della cliente, maturo di digestione e di merda, il gran caldo, salsicce, bip, tricchettra, un bambino urla perché vuole la cioccolata, ci saranno cinquanta gradi, la fuori, e questro stronzo vuole la sua barretta di cioccolata, gli si scioglierà in mano, giù sul braccino, e poi lo investirà tutto, riuscirà ad assaggiarla almeno la sua barretta di cioccolata di merda? Bip, tricchettra, una cliente mi chiede una busta, bip, banane, tricchettra, mille banane, poi la chiede per favore, bip, mi barcameno nel nuovo gesto, tricchettra, le allungo la busta, grazie, prego, ghiaccioli, bip, tricchettra, i bambini piangono tutti, bip, i vecchi pure, tricchettra, avrei voglia di sgranchirmi il collo e di giocare a Un due tre stella!, bip, fagioli cannellini surgelati in busta formato caserma, tricchettra, un cliente mi chiede di cambiargli delle monete in una da cinquecento, bip, per prendere il carrello specifica, tricchettra, "che la machinetta non funge", detersivo per piatti bip tricchettra, è agosto, metà agosto, il condizionatore pompa aria vecchia a temperatura nuova che è uno sballo, seni semiscoperti mi scrutano da più o meno lontano, assorbenti per interni, bip tricchettra, sento la mia fronte rinnovarsi in milioni di piccole gocce di sudore, bip, tricchettra, apro il cassetto e con due dita, al sesto o al settimo tentativo, afferro la moneta da cinquecento che insiste a schizzare via con strafottente disinvoltura.
            Mi giunge un urto alle narici. Un prepotente grido di sudore stantìo rinvigorito da sudore neonato, figlio di una madre ascella che non so quale sia, condanna la mia testa a una stilettata di emicrania.
            Guardo il cliente che mi porge le sue monete con la mano tremolante.
            E' sull'uno e sessanta, avrà sessant'anni e sessanta capelli in testa, ha il viso magro e scavato pieno di macchie nere, le occhiaie scavate e nere, gli occhi neri e sottili sotto sopracciglie folte e nere, le tempie strette strette e le orecchie grandi e sporgenti, un poco come morsicate qua e là. Veste pantaloni di velluto verde di tre taglie sopra e una camicia di flanella marrone adatta agli inverni moscoviti. All'incontrarsi dei nostri sguardi sporge il mento in un sorriso povero di zanne, e porge la mano in un cenno brusco per ribadire la sua richiesta. Con cortesia. Avrebbe potuto schiaffeggiarmi. Avrebbe potuto avere scarpe rosse a pois. Potrebbe essere l'inventore del motore a scoppio.
            Tutto questo non ha importanza.
            Gli mostro il palmo della mano continuando a tenere strette le cinquecentolire fra indice e pollice. Passano diversi secondi prima che lui si accorga di ciò, connetta, venga a capo del suo palletico e deponga trecentocinquantalire sul palmo della mia mano, sfiorandolo con le sue dita magre sudate e marroni e sussurrandomi:
            "Le riconti".
            Serro forte il palmo e le dita libere, introduco la mia moneta nella sua mano già semichiusa in chissà quale incoerente tentativo di rinuncia e sento una goccia di sudore prendere coraggio, posarsi sulla sopracciglia destra e scendere giù a rigarmi il viso. Chiudo un attimo gli occhi e respiro in due inalazioni un poco più profonde del solito.
            "Vanno bene" gli dico. Avrei voglia di poggiare la fronte sullo scanner ed aspettare chissà quale bip, dormire, cacare, bere un mojito ghiacciato e grattarmi i coglioni all'ombra dei pioppi del Mugello. Avrei tante altre voglie ancora. Ma torno a far suonare ancora la melodia della grande distribuzione, a suon di grazie, ma certo, e si figuri, e bip e tricchettra. Adoro l'evoluzione.

            L'umanità che mi scorre davanti non mi piace per niente. Milioni di esistenze tutte uguali che si barcamenano per rubacchiare un secondo alla loro attesa, quattrocento lire da un buono sconto, una maniera gentile dal sottoscritto. Facce vuote, occhi che gridano solitudine, disperazione, dolore e morte. Mi fanno soltanto schifo tutte quelle carni mal messe in moto come una massa sola, un corpo unico ributtante e volgare, carne su carne, occhi, fegati, cervelli frantumati, una massa strisciante e deforme che sgattaiola via frantumandosi in mille code per mille casse diverse e ricongiungendosi un attimo dopo, ancora insieme, ancora carne, uno schifoso scivolare di sudori e forfore impazzite nell'orgia totale dell'umanità. Adoro l'evoluzione.
            Sono l'ultimo fottuto ingranaggio della grande catena di distribuzione alimentare messa su nel nostro amato paese di merda, ho la stessa sensibilità delle macchinette prezzatrici, lo stesso tatto dei rappresentanti di alluminio in rotoli, la stessa faccia brillante degli ultimi sette presidenti della Società, anche se tuttora, sentenziano i Responsabili, mi manca il loro rassicurante sorriso che pare, potrei non acquisire mai. Sono sostituibile da chiunque in qualsiasi momento, non si richiede esperienza, non si richiede interesse o conoscenza in materia, cercasi cazzone senza tatuaggi, piercing e orecchini visibili per impiego invidiabile da unmilioneedue al mese, inviare curriculum. Basta una supposta e le qualità base del venditore/cassiere modello ti si istallano nel DNA. Va introdotta su per il culo quarantottore prima dell'esordio; sono previsti richiami annuali per il mantenimento quoziente e aggiornamenti occasionali, senza considerare l'ampliazione corso e i corsi successivi (ben altre supposte) per chi vuol tentare l'escalation all'interno della Società. Eccoti pronto: sorrisi e schiettezza, sincera disponibilità, blablabla, datemi i vostri soldi e non importa se vi vendo la merda, l'importante è che la barca vada, facciamo andare la barca, se la barca va la Società va, se la Società va il Paese va, l'Europa va, il Mondo va, evviva il Sistema, evviva il cazzo moscio della new economy, alé alé alé son tornati i giorni d'oro, evviva la fica spelacchiata e farinosa della globalizzazione, forza coglioni, comprate la nostra merda e dateci i soldi che vi siete guadagnati sudando la vostra merda, producendo la vostra merda, vendendo la vostra merda, sono proprio felice di far parte di questo grande disegno, sono proprio felice di sentirmi socialmente utile, forza coglioni che la terra implora un altro brindisi, che il lavoro nobilita l'uomo, sorridete e spendete con noi, bip bip e tricchettra, gioite e spendete ancora, che poi giochiamo insieme.
            Disponetevi in fila, ordinati sui lati.
            Voltate le spalle e calate giù le mutande.
            Mostrate le chiappe.
            Chinatevi in avanti e dilatate il buco del culo.
            Sta passando SignorEconomia e se sarete fortunati sentirete bussare un qualcosa di grosso e duro, viscido, ma un poco soltanto, affilato quanto basta.
            Respirate profondamente e serrate gli occhi, siete i Prescelti.
            Accompagnate le sue spinte sincronizzando il vostro diaframma.
            Vedrete, entrerà senza dolore, e non dovrebbe durare troppo.
            Una spinta ancora, gemete o gridate, se vi fa stare meglio.
            Vi sentirete riempire dal fiume caldo della vita, il succo denso e appetitoso del dioCommercio.
            Gioite, siete i prescelti, i vincitori dell'ultimo, nuovo, grande Concorso. Il Concorso del Secolo, il Concorso del Millennio, il Concorso Totale. Tutti i premi messi assieme, tutti i sogni della vostra vita, tutti i soldi che vorrete, viaggi, villette, automobili, fiche e stalloni della madonna. Tutto come dentro la Televisione, incredibile no? Si compra e si vince tutto, non è un miracolo? Ogni diecimilalire il bollino, ogni cento bollini si riempie la scheda, ogni dieci schede il jackpot, ogni cinque jackpot il Jolly per l'accesso al Ricevimento.
            Località di lusso.
            Rispetto della privacy.
            Limousine con autista.
            Disponetevi in fila, ordinati sui lati.
            Voltate le spalle e calate giù le mutande.
            Mostrate le chiappe.
            Vi sentirete riempire dal fiume caldo della vita, il succo denso e appetitoso del dioCommercio.
            Stringete bene le pareti del culo, se volete aiutandovi con le mani, non lasciatene scivolare via neppure una goccia.
            Non lasciatevi colare la Vita fra le gambe, sarebbe irrispettoso.
            Succede una volta su un milione di essere i prescelti.
            Di sentirsi la Vita dentro.
            Serrate bene il culo, e spendete le vostre ultime centomilalire al nostro punto vendita, ce lo meritiamo, una bottiglia di champagne ci pare un modo carino di festeggiare con tutti i dipendenti, su, gli ultimi cento stronzi fogli sporchi da mille cazzo di lire.
            Poi tutto gratis.          
            Poi tutto regalo.
            Poi tutto come dentro la Televisione.
            La terra implora un altro brindisi.


Mi portano via in cinque, il mio teatrino è durato abbastanza, in piedi sulla solita sedia con le rotelline che non gireranno mai. Alcuni clienti sono fuggiti spaventati, altri mi osservano ancora divertiti. Fuori girano annientati dal sole lampeggianti impazziti di ambulanza e polizia, una scena da pessimo film. Ma quelli che mi vengono a tirar giù dal mio piccolo palco hanno la maglia del mio stesso colore, la stessa effige sul petto, gli occhi inconfondibili dei colleghi di sempre, gli inequivocabili modi gentili di chi mi è amico o di chi un giorno o l'altro si è cacciato su per il culo una supposta simile alla mia.
            "Sarà stato il gran caldo, povero ragazzo" sento nitida una voce rimbalzare dalla folla che mi osserva, scortato da quel micro esercito mentre salgo in auto coi carabinieri. L'ambulanza non mi ha voluto. La polizia neppure. Anche SignorEconomia pare aver chiuso con me.
            "Il gran caldo un cazzo" gli grido a gran voce, a quel parcheggio di zombi rincoglioniti.
           
Attraverso i finestrini verdemarcio della volante il cielo è fosforo in fiamme, la terra cenere, i miei occhi faticano a mettere a fuoco questo scivolare di paesaggi che brucia già. La volante sferraglia sotto il mio culo, ammasso di congetture d'altri tempi. Grande invenzione la volante, che volante non è e combatte col traffico al grido della stonata sirena estiva. Il carabiniere seduto fianco a me avrà sì e no vent'anni; mi toglie le manette e batte due colpetti sulla mia coscia, quasi a dirmi di star buono, o che non è successo niente, o altro ancora. Scruto appena il suo mento e la sua bocca, alzando gli occhi dalle mie mani. Ha la barba da fare. Poi guardo ancora fuori e sorrido un poco, e penso al viaggio di ritorno da Varsavia, alla Polka e all'uomo in trionfo, al fascino e alla potenza dell'invenzione, del progresso, a quel mettersi in moto che gridava successo, vittoria, grandezza. Tempi grandiosi, qualcosa dev'essere andato proprio per il verso sbagliato.
            Il caldo mi batte in testa davvero, il sudore mi riga copiosamente il viso, il mio sbadiglio liberato pare in grado di mangiarsi Firenze. Guardo in faccia il carabiniere e sorrido veramente.
            In fin dei conti la vita non fa poi tanto schifo.
            La terra implora un altro brindisi.

[Polka di Varsavia, liberamente ispirato all' omonima canzone di Vinicio Capossela (passione di quei tempi) e pubblicato in Parol&note n°2 (in quanto vincitore dell'omonimo premio letterario), edizione speciale Millelire Stampa Alternativa, novembre 2002]