lunedì 20 giugno 2011

Ciclomotore [1]

Per alcuni mesi ho guidato quotidianamente un ciclomotore per le strade di un paese. La gente di quel posto non parlava la mia lingua, non ero in grado di dialogare ma una mattina in qualche modo successe. Era un tragitto breve: la via in terra battuta che dal dormitorio raggiungeva la statale che accompagnava al reticolato cittadino che conduceva al posto in cui lavoravo. Cinquantacinque minuti in tutto. Quella mattina fermo al semaforo mi affiancò un ciclomotore identico al mio, stessa cilindrata e colore, ma guidato da una femmina. L’istante volle che ci guardassimo. Dal suo casco emergevano occhi scuri e labbra inespressive. Scattò il verde e lei partì prima di me. Aveva capelli neri che le ricadevano lunghissimi sulle spalle e ovunque, bisticciando col vento. Non seguii la sua traiettoria ma al semaforo successivo me la ritrovai nuovamente a fianco e ancora mi venne di guardarla in faccia. Anche lei mi guardò. Io probabilmente sorrisi. Aveva il naso piccolino e arrossato al centro di un volto delicatissimo e triste. Ripartì. Seguendola mi convincevo di sentire il suo odore e mi dicevo che sapesse di spiagge d’oriente di cui non potevo immaginare nulla.
[1.continua]