mercoledì 27 luglio 2011

Sei morta

Se ancora scrivo è perché talvolta spero di giocare al tuo stesso gioco,
condividere le tue stesse fughe.

Per Agota Kristof, nata il 30 ottobre 1935 e morta oggi, 27 luglio 2011.

mercoledì 13 luglio 2011

Ciclomotore [2_fine]

[Continua]

Ci raggiungemmo e ci guardammo ancora, ripartimmo e iniziammo una danza motorizzata ed elastica tra le auto e gli autobus, nel traffico, a trovarci e distanziarci, nasconderci, seguirci nuovamente – le ronzavo intorno con il mio ciclomotore e poi la sorpassavo e la attendevo nuovamente, lasciavo che mi sorpassasse e mi attendesse. Io sentivo che in questo modo parlavamo, ci facevamo delle domande e ci davamo delle risposte, talvolta mentendo, ed era bellissimo, adesso anche lei sorrideva e i suoi occhi erano umidi di freddo e forse d’emozione, i colori delle cose d’intorno si scomponevano in arcobaleni cangianti e diamanti d’aria viva. Nel rettilineo più lungo giocai a volerla seminare sapendo di non poterlo né volerlo fare veramente. La superai sfiorandole minacciosamente il fianco e mi piegai sul manubrio girando al massimo la manopola del gas – in faccia i miasmi insalubri dell’indecenza umana e nel petto un tuffo ridente che mi faceva percepire tutto nuovamente possibile nel mio futuro più prossimo, così, in un attimo, per uno stupido scherzo che una sconosciuta aveva deciso di giocarsi assieme a me. Ero nuovamente contento. Poi, senza che l’udito potesse anticiparmi l’evento, nel casco, nel ronzio, nel vento, vidi sbucare la sua ruota anteriore alla sinistra della mia e nonostante il mio ciclomotore identico al suo viaggiasse al massimo della velocità la vidi appaiarmi completamente ed esitare un attimo al mio fianco, contenta perlomeno quanto me, e poi accelerare ancora per completare il sorpasso e sfuggirmi via mentre il rettilineo andava esaurendosi.
È più leggera di me, pensai.
È così meravigliosamente leggera.
Un pullman gigantesco e dissennato comparve dalla curva correndo in direzione opposta alla nostra, inopportuno, si fiondò contro di lei per travolgerla violentemente in un colpo spaventoso e irrimediabile – schiantarla, farla volare via, ucciderla, disintegrarla morta. Allora io senza pensare sterzai, aggrappandomi ai freni, rovinai sull’asfalto che mi ustionò la pelle e chiusi gli occhi nell’intenzione di non riaprirli mai più. Ma dentro avevo già capito tutto.

venerdì 8 luglio 2011

Intervallo, 2 [TB]

Ieri sera per un attimo ho visto Thomas Bernhard seduto a uno di quei tavoli, tra tutta quella gente, durante la kermesse per l’assegnazione del Premio.
Il mio televisore si è spento da solo.