Tu, io, Calafuria. La gioia di un giorno da ragazzi, il petto e gli occhi colmi di quell’incanto; come l’avessimo scoperto noi, anzi, come l’avessimo creato. Scegliemmo quel mare dopo averne scartati cento, ricordi? Tu parlavi poco, io ti angustiavo con il mio passato. Tu deridevi le mie ciabatte, io ammiravo i tuoi piedi. Tu inseguivi i pesci, io ascoltavo le loro storie. Non ci stancavamo mai. Non faceva mai buio. Poi è passato il tempo, e noi.
[Continua sul Corriere Fiorentino del 15 agosto, e qui]